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Una casa di accoglienza per ragazze madri. Ne parla suor Cristina Fiandri (Il Corriere di Rimini, 29 Marzo 2008)

"Quando la incontrammo per la prima volta, Maria aveva 12 anni. Era una ragazzina sola. I suoi genitori si erano separati e la madre viveva con un altro uomo: un uomo violento che le maltrattava. Spesso Maria scappava di casa ma non sapeva dove andare. Così si accompagnava con chiunque si mostrasse un po' disponibile con lei. Non per prostituirsi, ma solo per cercare quell'affetto che le era sempre mancato. Da quell'incontro nacque in noi il bisogno di fare qualcosa per quelle tante giovani che in quei luoghi vivono in condizioni di abbandono..."
Chi parla è suor Cristina Fiandri, della comunità delle suore di Sant'Onofrio di Rimini, per 15 anni missionaria in Brasile, fino al 2005 quando viene sostituita da suor Carla Rughi (nella foto).
In Brasile suor Cristina arriva nel 1989, inviata in fretta e furia dalla comunità di Forlimpopoli dove risiedeva, per dare una mano alla missione delle suore francescane fondata tre anni prima in Apucarana , una cittadina di circa centomila abitanti nello Stato del Paranà. Suor Cristina non sa una parola di portoghese ma ci mette poco a comprendere i grandi problemi di quel paese: la povertà, innanzitutto, in cui versa almeno il 30% della popolazione, e poi le forti disuguaglianze sociali, le gravi discriminazioni a discapito dei neri che guadagnano la metà dei bianchi. E, come prodotto della miseria, l'estrema instabilità della famiglia, specie nelle aree periferiche. Molti bambini vivono in un contesto privo di punti di riferimento, con genitori non in grado di prendersi cura di loro, sottoposti spesso a gravi violenze in ambito famigliare. Su richiesta del vescovo locale, le missionarie iniziano a lavorare sulla pastorale dell'infanzia, un'attività che la Chiesa brasiliana conduce in collaborazione con l'Unicef. Le suore si concentrano in particolare sull'assistenza alle bambine e alle adolescenti che costituiscono la fascia più debole della popolazione giovanile. Nel 1997 danno vita così ad una struttura di accoglienza con un nome che è tutto un programma: CEPES che sta per Centro educativo e professionale "Speranza". Perché di speranza avevano davvero bisogno Maria la fuggitiva o Marisa che a soli dieci anni si ritrovò con un bimbo nella pancia, o Vera che portava negli occhi tristi il segno della violenza subita dal padre...
Suor Cristina le ricorda tutte le sue bambine e, con un filo di emozione, ci parla del lavoro che ha svolto per tanti anni. Al CEPES le ragazzine trovano un pasto, un supporto psicologico ma anche qualcuno che insegna loro un mestiere: parrucchiera, panificatrice, ricamatrice, artigiana. L'obiettivo è quello di renderle economicamente autonome, anche cercando di vendere all'estero gli oggetti realizzati (qualcosa si è cominciato a fare con una ditta di Milano che il Natale scorso ha ordinato alla missione 3 mila bambole in stoffa). Grazie alle suore e a un gruppo locale di volontari, la struttura funziona come attività di doposcuola e offre accoglienza durante il giorno ad una quarantina di ragazzine dagli 8 ai 18 anni.
Ora il sogno di suor Cristina e delle sue consorelle è quello di sviluppare ulteriormente questa attività, realizzando un nuovo edificio destinato alle "meninas-mães": le adolescenti-mamme che rimangono incinte e sono costrette ad abortire o vengono cacciate di casa perché la famiglia non può o non vuole farsi carico del nuovo bambino. Il progetto è molto impegnativo perché comporterà anche un servizio notturno (le stesse suore si trasferiranno nella nuova struttura per assicurare una assistenza a tempo pieno) e il Campo Lavoro l'ha inserito tra le priorità 2008.
Suor Cristina ringrazia, ricordando le parole del Vangelo: "Qualunque cosa avete fatto a questi piccoli, lo avete fatto a me". E non si lascia prendere dallo sconforto pensando alle dieci, cento, mille Apucarana sparse in un paese di 188 milioni di abitanti. "Quello che riusciamo a fare, anche se è una goccia nel mare, è una goccia di speranza che per queste bambine vale più di qualsiasi altra cosa al mondo". E allora: fai la cosa giusta!


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