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Il lavoro della casa famiglia dell'Associazione Papa Giovanni. Ce lo racconta il viserbese Michele Battarra (Il Corriere di Rimini, 21 Marzo 2008)

Bella storia quella di Michele, partito da Rimini (Villaggio Primo Maggio) per approdare 11 anni fa in terra brasiliana, missionario laico della Comunità Papa Giovanni XXIII. Qui conosce Raffaella, anche lei riminese (di Viserba), assistente sociale che già da tempo operava in quel paese come volontaria della stessa associazione. Michele e Raffaela si sposano (ovviamente a Rimini, parrocchia della Grotta Rossa) per fare poi ritorno in Brasile dove si stabiliscono a João Pessoa, nello Stato della Paraiba. Qui, a due passi dalle magnifiche spiagge sull'Atlantico, mandano avanti con grande impegno la casa famiglia "Nossa Señora Da Guadalupe": una delle tre strutture che la Papa Giovanni ha aperto in quell'area per accogliere decine di bambini abbandonati e adulti disabili.
Abbiamo incontrato Michele, di ritorno per pochi giorni in Italia e, tra un caffè e una risata, abbiamo ascoltato la sua testimonianza. Quella di un giovane di 38 anni, gran parte dei quali trascorso all'interno della Papa Giovanni, prima in qualità di ospite poi, poco alla volta, come educatore e missionario. Già, perché anche Michele, da ragazzo qualche problema l'ha avuto e immaginiamo che non faccia fatica oggi ai riconoscersi in quei bambini cresciuti troppo in fretta che corrono scalzi per strada.
Dopo l'incontro con don Benzi, Michele ha soggiornato in diverse strutture dell'associazione fino a che qualcuno, undici anni fa, gli suggerì come destinazione l'Amazzonia. Da allora è in Brasile, prima al nord poi, dal 2002, nella sede attuale. Sempre per condividere l'esistenza degli ultimi, i più deboli ed emarginati, soprattutto bambini in condizioni sociali di forte disagio. Oggi la casa famiglia, che gestisce insieme con la moglie Raffaella, accoglie 6 fratellini di età minore, 3 adolescenti più un adulto di trent'anni con ritardo mentale (ma è proprio di questi giorni una nuova richiesta d'ingresso per un neonato abbandonato di pochi mesi). Bambini abbandonati, con alle spalle genitori segnati da problemi di alcolismo e prostituzione, che Michele e Raffaella accolgono su segnalazioni dei servizi sociali, utilizzando le risorse provenienti dalle adozioni a distanza promosse dalla Papa Giovanni.
Facile immaginare cosa comporti seguire una famiglia così numerosa. Anche se i bambini si abituano ben presto a dare una mano nei lavori di casa e una signora viene ad aiutare di tanto in tanto, l'impegno per i due giovani coniugi è a tempo pieno.
Come se non bastasse, Raffaella è impegnata nella promozione degli affidi presso famiglie locali (le strutture di accoglienza non bastano per i tanti bambini abbandonati) e Michele collabora con le attività di pastorale carceraria. Un'attività che svolge tra non poche difficoltà perché, anche se la legislazione brasiliana consente agli operatori religiosi di svolgere assistenza spirituale ai carcerati, nei penitenziari si registrano spesso casi di tortura e maltrattamento che i detenuti temono di denunciare per paura di ritorsioni.
Nonostante la giovane età, Michele è una miniera di ricordi. Ci parla della struttura carceraria psichiatrica locale con 110 detenuti, tra cui "Giovanni l'epilettico", chiamato così perché quando perde la testa diventa pericolosissimo. Quando è tranquillo è un pezzo di pane, poi improvvisamente sente arrivare la crisi e allora avvisa prima che sia troppo tardi: "chiudetemi, chiudetemi..." Ci racconta anche di quella volta che venne la televisione per fare un servizio sulla casa famiglia perché la struttura risponde ai criteri stabiliti dallo Stato a tutela dei bambini. Ci parla delle grandi diseguaglianze sociali presenti nel paese, delle famiglie di straricchi che potrebbero tranquillamente farsi carico dei minori abbandonati ma anche di quanto sia difficile dare in adozione bambini di colore ("i bambini li vogliono tutti belli bianchi e i negretti finiscono negli istituti", ci dice).
Con tutti questi impegni, Michele trova anche il tempo per studiare, anche se di notte, e si iscritto all'Università perché vuole laurearsi in psicologia per svolgere al meglio il proprio lavoro.
Michele e Raffaella si sono rivolti al Campo Lavoro chiedendo aiuto per l'acquisto di un pulmino. In famiglia sono in 12. C'è la spesa da fare, ci sono i bambini da accompagnare a scuola, ci sono gli incontri con le altre strutture dell'associazione e un'auto normale non basta per tutti. Crediamo sia giusto fare il possibile per dargli una mano!


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